I Nuraghe sono per eccellenza il simbolo della Sardegna e della propria ancestrale cultura, opere megalitiche millenarie divenute oramai perenni, integralmente conformate al paesaggio.
Attualmente se ne contano circa 7.000 in diversi stati di conservazione e, verosimilmente, dovevano essere anche di più; sono disseminati in tutta l’Isola, in alcune aree più densamente rispetto ad altre dove lo sono meno, nei contesti più vari dall’alto delle montagne alla prossimità della costa, in vista uno dell’altro oppure solitari in luoghi scarsamente accessibili.
Questi meravigliosi e imponenti edifici, dai primi esempi di nuraghe a corridoio agli inizi del II millennio AC fino alle mirabili torri con coperture a tholos all’apice della civiltà nuragica intorno al 1000 AC, sono il lascito delle popolazioni nuragiche e la chiave di lettura della loro società e cultura materiale e spirituale.
Questi meravigliosi e imponenti edifici, dai primi esempi di nuraghe a corridoio o proto-nuraghe agli inizi del II millennio AC fino alle mirabili torri con coperture a tholos intorno al XV sec. AC, sono il lascito delle popolazioni nuragiche e la chiave di lettura della loro società e e della loro cultura materiale e spirituale.
Per questo motivo è da tempo dibattuta la funzione che le popolazioni nuragiche attribuivano al Nuraghe: abitazione dei capi, opera difensiva e di presidio oppure luogo religioso-spirituale? Alla funzione militare e di presìdio sarebbe corrisposta una società bellicosa e continuamente in lotta per la supremazia su un territorio, oppure sempre sotto attacco da parte di un nemico interno o esterno; nell’ipotesi di una funzione religioso-spirituale sarebbe stata invece una popolazione per lo più pacifica, che non vuol dire non potesse essere guerriera all’occasione ma per la quale le esigenze dell’anima erano ben più stringenti di quelle militari.
In ogni caso doveva esprimere una necessità primaria e irrinunciabile, vista la difficoltà intrinseca di erigere anche la più semplice di queste strutture megalitiche che sono molto più di pietre posate a secco una sull’altra, anzi erano necessarie molta esperienza e grande consapevolezza costruttiva per posizionare gli aggettanti blocchi sbozzati, di dimensioni anche importanti e ad altezze considerevoli, e per bilanciare i pieni e i vuoti della costruzione sia ai fini strutturali che di abitabilità interna; tutto questo presupponeva la necessità di maestranze molto qualificate e un notevole dispendio di risorse ed energie per il lungo periodo di tempo necessario ad erigere queste imponenti edifici megalitici.
In realtà, come dimostrano gli studi e le deduzioni di Massimo Pittau in seguito a prese di posizione di autorevoli studiosi come M. Columbu e C. Maxia dalla metà del 1900 e come già sottolineava finanche Alberto La Marmora un secolo prima, i Nuraghe sono templi o edifici religiosi per grandi comunità, quelli più complessi e imponenti, o per clan e famiglie quelli più semplici e di minori dimensioni.
Oltre a considerazioni architettoniche e di sfruttamento degli spazi interni, che trovano giusta collocazione per un utilizzo spirituale dell’edificio, bastano considerazioni puramente logiche per scartare l’ipotesi che i Nuraghe fossero strutture militari oppure regge dove vivevano i grandi capi e signori dell’epoca.
Che non siano edifici adatti ad essere annoverati come abitazioni regali (o anche solo semplici dimore) lo dimostra semplicemente il fatto che i Nuraghe non possiedono ambienti tali nei quali sia possibile vivere in pianta stabile, se non altro perchè non era possibile accendervi un fuoco per la mancanza di adeguata areazione e i locali si sarebbero immediatamente riempiti di fumo; inoltre i ridotti spazi disponibili all’interno del Nuraghe non sono paragonabili a quelli delle capanne nuragiche circolari che potevano avere dimensioni notevoli ed erano notevolmente più semplici e veloci da realizzare.
L’ipotetico utilizzo militare è anche questo velocemente oppugnabile con un minimo di logica; infatti basterebbe considerare che l’ingresso di tutti i Nuraghe (sia esso ricavato nel bastione o direttamente nella torre principale o mastio) è posizionato a livello del piano di calpestio divenendo così assolutamente indifendibile da un attacco; inoltre non sono mai state trovate le “porte” per chiuderlo, che avrebbero dovuto essere megalitiche (se di legno avrebbero potuto essere facilmente incendiate) e quindi anche molto difficili da governare.
Se anche i difensori avessero potuto chiudersi all’interno, a quel punto più che al sicuro si sarebbero autonomamente imprigionati e gli assalitori, accendendo semplici fuochi, avrebbero velocemente reso invivibile l’interno del Nuraghe e avrebbero potuto aspettare che gli occupati si arrendessero, o morissero soffocati dal fumo, mentre essi potevano tranquillamente razziare i dintorni; come già per l’ipotesi abitativa gli spazi interni di un Nuraghe, a maggior ragione in proporzione alla loro mole, non consentivano l’ospitalità di molte persone che, tra l’altro, avrebbero dovuto rinunciare a portare con se le cose più preziose che avevano, le greggi, gli utensili e sufficienti fonti di sussistenza come l’acqua, non potendo così resistere all’eventuale assedio se non per poche ore o giorni; gli occupanti avrebbero poi dovuto rispondere in qualche modo all’attacco, offrendo una qualche sorta di opposizione dalla piazza d’armi superiore, da cui ne deriva che sarebbero dovuti essere prima di tutto guerrieri e ci si chiede in tal modo la popolazione non adatta al combattimento, donne, bambini, anziani, dove avrebbe potuto eventualmente rifugiarsi.
Da tutto questo ne deriva che l’ipotesi che fossero edifici cultuali è l’unica supposizione che poggia non solo sulla logica ma anche su fatti materiali, come l’evidenza che in tutti gli scavi archeologici presso i Nuraghe siano stati rinvenuti sempre e solo oggetti pertinenti ad una sfera religioso-spirituale, che la disposizione ed abitabilità degli spazi interni era sufficiente per un luogo in cui si venerasse una divinità e se ne esponessero probabilmente dei feticci, per esempio nelle nicchie dei muri, e che l’accesso all’edificio avveniva per un tempo ridotto e da parte di poche persone alla volta. Non deve inoltre meravigliare l’imponenza e la complessità realizzativa di questi edifici per una destinazione esclusivamente spirituale, basti pensare che sempre l’uomo ha posto nel culto delle divinità una delle primissime ed irrinunciabili esigenze di vita, profondendosi nella costruzioni di magnifici e imponenti templi con le migliori tecniche realizzative disponibili al tempo (per esempio le migliaia di chiese e basiliche erette nei secoli in Italia).
Infine, anche il significativo numero di Nuraghe sparsi per l’Isola è incompatibile con la loro funzione militare, o anche di solo presidio del territorio, in quanto sarebbero state necessarie decine di migliaia di persone dedicate a vario titolo esclusivamente alla gestione permanente degli stessi, su un numero totale di abitanti che all’epoca non sembra si discostasse dai circa 100.000. Un numero così elevato di Nuraghe sarebbe invece del tutto compatibile con un fine religioso-spirituale perchè, a parità di complessità costruttiva che certamente necessitava di molte persone e sforzi collettivi, non sarebbe stato poi necessario coinvolgere nella gestione nessuno più del ministro del culto del villaggio oltre l’eventuale dedizione delle popolazioni del territorio.
Dal punto di vista architettonico, la maggior parte dei Nuraghe è composto da una singola torre di pianta circolare e forma tronco-conica, detta mastio, che in alcuni casi insisteva su un preesistente proto-nuraghe o nuraghe a corridoio, la prima tipologia di strutture megalitiche nuragiche; l’ingresso, sempre posizionato a livello terra e rivolto fra sud-est e est, è in genere sormontato da un architrave megalitico, spesso con finestrella di scarico per evitare che si spezzi al centro, e da accesso a un corridoio più o meno lungo che attraversa il paramento murario e nel quale si possono trovare delle nicchie e la scala d’accesso ricavata all’interno delle mura verso il livello superiore; il corridoio sbocca nella camera interna nelle mura della quale sovente erano ricavate delle nicchie di varie dimensioni mentre il soffitto, all’apice della Civiltà nuragica intorno al XV sec. AC, è costituito dalla tholos, un accorgimento architettonico che si trova in diverse e coeve culture del Mediterraneo, sopratutto presso i Micenei, e che denota il livello di capacità costruttiva raggiunta dai nuragici.
La tholos è costituita da blocchi il più possibile ben sbozzati e regolari disposti in filari circolari concentrici via via più piccoli verso l’alto (aggettanti), ogni filare poggia sul sottostante e la chiusura avviene con la posa dell’ultima pietra al centro della volta; la tholos è denominata anche falsa cupola perchè rispetto alla vera e propria cupola non è una struttura “spingente”.
Nel tempo, grazie all’incremento delle capacità progettuali e realizzative e al progressivo aumento delle popolazioni nei villaggi, sorse la necessità di ampliare la semplice struttura a torre addossandovi un bastione con uno o più lobi contenenti altre torri minori; fra i diversi elementi del nuovo complesso si ricavano cortili, terrazzamenti su vari livelli, ulteriori ambienti interni e anditi di passaggio e connessione fra le varie aree con disposizioni varie a seconda del progetto.
Attorno al Nuraghe sorge sovente il villaggio che può estendersi anche su ettari nel territorio circostante ed essere composto da un numero considerevole di capanne circolari.
Seguono senza un ordine preciso i Nuraghe che ho avuto la fortuna di visitare e quelli che ho visto semplicemente di passaggio e meritevoli di una foto che li contestualizzi nel loro territorio; cliccando sulla foto si accede alla relativa scheda.
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